Toyota sbanca la 89ma edizione della 24 Ore di Le Mans, la prima della nuova era Hypercar, con un uno-due. Tutto come da previsioni insomma, anche se lo svolgimento del tema ha avuto qualche sbavatura che, dopo praticamente due anni di preparazione e centinaia di ore di test in pista, magari non erano state considerate in precedenza, ma questa è Le Mans, e l’imprevisto è sempre dietro l’angolo.
Dietro la prima, sospirata vittoria di Josè Maria Lopez, Mike Conway e Kamui Kobayashi, il più veloce dell’era moderna qui sulla Sarthe, ci sono stati i problemi patiti dalla vettura gemella, in primis il contatto al via con la Glickenhaus che avrebbe potuto cambiare la storia di questa gara, infine con una serie di problemi al cambio che però hanno solamente incrementato il distacco fra le due GR010-Hybrid, che in queste 24 ore sembravano avere ancora qualcosa da spendere.
A podio la Reb… ehm l’Alpine A480-Gibson, a 4 giri come la migliore delle Glickenhaus, la #708 di Pipo Derani, Franck Mailleux ed Olivier Pla, mentre la seconda chiude la top five a sette tornate dal leader.
Una bella prova quella delle bellissime SCG 007 LMH, dall’aspetto cosí tanto smaccatamente retrò quanto le Toyota sembrano moderne. Entrambe al traguardo e nello stesso range dei costosissimi prototipi giapponesi. Speriamo, grazie al risultato odierno, di poterle rivedere anche in Bahrain, magari con un BoP che possa rendere realmente livellato il confronto fra le tre diverse vetture.
Alessandro Pier Guidi e James Calado ci hanno preso gusto e hanno conquistato la loro seconda Le Mans in GTE-Pro insieme al neoacquisto Côme Ledogar con la Ferrari AF Corse #51. Le due 488 GTE Evo non hanno avuto rivali sul passo gara, in qualunque condizione atmosferica, e solo un problema tecnico ha impedito una sacrosanta doppietta.
Indipendentemente dalle pastoie del BoP, modificato all’ultimo momento per rallentare le GT del Cavallino, solo la Corvette ha rappresentato una valida alternativa. La C8.R di Jordan Taylor, Antonio Garcia – entrambi già trionfatori qui – e Nicky Catsburg ha evitato tutte le sfortune calamitate invece dalla #64.
Podio faticato per la Porsche, mai realmente in contention, con la #92 ricostruita dopo il crash in Hyperpole di Kevin Estre dopo che le due 911 RSR-19 private hanno reso l’anima anticipatamente e che l’altra ufficiale si è ritrovata nel finale senza freni alle Ford.
L’altra impresa tricolore del giorno è quella in GTE-Am dell’altra 488 di Alessio Rovera, Nicklas Nielsen e Francois Perrodo. Passati al comando già nelle prime fasi di gara, hanno mantenuto, anche nei turni del gentleman, un vantaggio di rispetto nei confronti della concorrenza, che nel frattempo cadeva come mosche. Un equipaggio ben equilibrato con un punto di forza forse inizialmente poco atteso in Rovera, che alla sua prima Le Mans ha dimostrato di non temere il confronto con i driver più esperti e smaliziati.
Solo l’Aston Martin del TF Sport dello stakanovista Ben Keating, Felipe Fraga e Dylan Pereira ha provato a tenere il ritmo, guadagnando di tanto in tanto la testa della categoria grazie alla strategia sfalsata. Il trionfo Ferrari si completa col terzo posto della #80 di Iron Lynx con Rino Matsronardi, Matteo Cressoni e Callum Ilott, che a sua volta precede l’altra vettura del team.
Un grande rimpianto per il Cetilar Racing, protagonista delle qualifiche e delle prime fasi di gara; i piloti ci credevano molto (e facevano bene), ma sarà per la prossima volta perchè il combo azzurro si è dimostrato ancora una volta di tutto rispetto dopo aver giubilato la Dallara LM P2.
Come dicevamo nel precedente aggiornamento, a Le Mans non c’è nulla di scontato, ed il colpo di scena finale questa volta ha toccato la categoria cadetta, con l’Oreca #41 del WRT a replicare il dramma Toyota del 2016. La vettura gemella, la #31 di Ferdinand Habsburg, Charles Milesi e Robin Frijns a lungo in testa, accusava nel corso della 23ma ora problemi agli airjack che impedivano un corretto svolgimento dei pitstop.
Ciononostante era comunque l’altra Oreca del team di Robert Kubica, Jean-Louis Deletraz e Yifei Ye a prendere la leadership. Purtroppo peró all’ultimo giro prima dalla bandiera a scacchi quest’ultimo procedeva lento sul circuito e, similmente a quanto accaduto cinque anni or sono a Nakajima, non veniva nemmeno classificato per non aver tagliato il traguardo. Si saprà poi che la defaillance è stata causata dal malfunzionamento di un banale sensore dell’acceleratore .
Dietro i vincitori per soli 727 millesimi finisce la Jota di Sean Gelael, Stoffel Vandoorne e Tom Blomqvist, che a sua volta va a precedere la “art-car” del Panis Racing di Julien Canal, Will Stevens e James Allen. Aldilà dell’indubbio merito dei vincitori, pronti a quanto pare ad ereditare una Audi LMDh nel futuro prossimo, anche in questa categoria si è trattato di una gara ad eliminazione con alcune situazioni al limite dell’amatoriale che abbiamo già raccontato negli svolgimenti parziali della gara.
Nella nuova categoria P2 Pro/Am infine successo per il DragonSpeed di Henrik Hedman, Ben Hanley e Juan Pablo Montoya sul Racing Team Nederland ed il Realteam. Considerate le numerose uscite di strada da parte dell’equipaggio olandese, forse un premio un po’ troppo esagerato.
Il World Endurance Championship tornerà a fine ottobre col doppio appuntamento in Bahrain; nel frattempo, terrà banco l’European Le Mans Series con gli ultimi due round di Spa-Francorchamps e Portimao.
Piero Lonardo
L’ordine di arrivo della 89ma 24 ore di Le Mans
Foto: Piero Lonardo