Ci sono voluti oltre tre anni per assistere al successo della Toyota TS050-Hybrid #7. Nella stagione più lunga di sempre del motorismo, iniziata nientemeno che ad agosto 2019 a Silverstone, Mike Conway, Josè Maria Lopez e Kamui Kobayashi possono finalmente raccogliere il risultato tangibile del loro sforzo con la vittoria della 8 Ore del Bahrain, che comporta anche il titolo nel World Endurance Championship.
Inutile rivangare su presunti giochi di squadra fatti per favorire la star Alonso nei primi due anni di vita della TS050-Hybrid, in cui Toyota sostanzialmente non ha avuto rivali, né tantomeno sulla sfortuna all’ultima 24 Ore di Le Mans, che aveva comportato la leadership degli amici-rivali Kazuki Nakajima, Sebastien Buemi e Bendon Hartley: il gradino alto del podio ora, grazie forse anche ad un regolamento che finalmente ha dato una parvenza di reale equivalenza fra il potente costruttore e le LM P1 private, è tutto per loro, alla quarta vittoria stagionale.
Bravi anche nell’endurance committee FIA a permettere una lotta corretta fino all’ultima gara nella categoria top prototipi (Rebellion, ma anche Rotenberg, uscito sbattendo la porta dal campionato, possono solo mangiarsi le mani), che grazie al punteggio maggiorato per le gare più lunghe ha permesso il sorpasso in classifica generale. E bravi anche agli organizzatori del WEC che nonostante l’emergenza COVID sono riusciti a chiudere il campionato, anche se forse quest’ultima trasferta mediorientale si poteva evitare.
Tra le LM P2, con il titolo già assegnato ad United Autosports, si è assisto ad un duello senza esclusione di colpi in casa Goodyear che alla fine ha premiato l’Oreca #38 del Jackie Chan DC Racing. Costretto ad inseguire dopo l’ultimo pit, Gabriel Aubry ha tentato il tutto per tutto a 9’ dalla bandiera a scacchi e, sfruttando il “velo” della Ferrari #54, ha avuto la meglio su Antonio Felix da Costa.
A chiudere il podio Nicky de Vries con la vettura del Racing Team Nederland, mentre la Dallara Cetilar dopo una sosta eterna ai box per problemi (ancora) di alternatore, vero tallone d’Achille di questa vettura già in ELMS, ha concluso la sua esperienza nella serie mondiale. La Dallara #47 dovrebbe però continuare ancora a gareggiare altrove e, come nell’aria da tempo, è pronta a toccare il suolo statunitense in quel di Daytona a Gennaio, sempre con i tre moschettieri Andrea Belicchi, Roberto Lacorte e Giorgio Sernagiotto.
In GTE è stato trionfo Porsche, con una doppietta in GTE-Pro per Michael Christensen e Kevin Estre, alla seconda vittoria stagionale dopo Spa, seguiti da Gianmaria Bruni e Richard Lietz. Il vero evento della seconda parte di gara è stata la debacle dei freni sulle Aston Martin. I titoli piloti e costruttori erano già appannaggio del marchio inglese, ma tutte e quattro le Vantage, anche le due iscritte in Am, hanno dovuto sostenere una lunga sosta per sostituire i dischi dei freni, messi a dura prova dall’abrasivo asfalto di Sakhir.
In GTE-Pro questo ha significato podio per la Ferrari di Davide Rigon e Miguel Molina – incredibilmente solo il secondo dell’anno dopo il secondo posto dello scorso dicembre proprio in Bahrain – mentre in GTE-Am ha permesso alla Ferrari #83 di Manu Collard, Francois Perrodo e Nicklas Nielsen di laurearsi campioni della categoria grazie al terzo posto finale.
La rimonta del giovane danese, “sganciato” nelle fasi finali della gara, è stata strepitosa ed ha fruttato il secondo posto dietro la Porsche del Project 1 di Larry Ten Voorde (secondo successo qui su due gare per il giovane olandese neocampione della SuperCup), Egidio Perfetti e Joerg Bergmeister e davanti all’altra 911 del Dempsey-Proton di Marco Holzer, Jaxon Evans e Khaled al Qubaisi. Senza l’assurdo drive-through comminato già nella prima ora per track limits forse si sarebbe potuto trasformare anche in qualcosa di più, ma va bene così, grazie al nono posto del TF Sport, che qui era giunta col match point sulla racchetta.
Menzione d’onore per le altre due 488 di Spirit of Race, quarta classificata, e Red River Sport, protagoniste di una gara d’attacco, e per la Porsche del Gulf Racing, trascinata da Ben Barker e dal neocampione ELMS GTE, Alessio Picariello, P5 al traguardo.
A partire da marzo 2021, pandemia permettendo, sarà la volta delle Hypercar. Il conteggio degli iscritti però sarà tutto da verificare: nella categoria regina, mentre Toyota ha già fatto girare la sua novità al Paul Ricard, si attendono segni di vita concreti da parte di Cameron Glickenhaus e ByKolles, mentre Peugeot e forse Alpine, dopo l’outing estemporaneo in LM P1 con le ex-R13 (ora A480) sappiamo essere proiettati verso il 2022, insieme alle sospirate LMDh, che dovrebbero finalmente dare nuova linfa a prezzi contenuti al mondo dei prototipi.
Tra le LM P2, United Autosports ci ha preso gusto e dopo il titolo dovrebbe raddoppiare, arriverà Inter Europol, ma difficilmente avremo il Jackie Chan e Cetilar passerà in GTE-Am. Sarà questa la classe che a meno di colpi di scena costituirà l’ossatura della Season 9, atteso che in GTE-Pro, sempre salvo imprevisti, si dovrebbero rivedere Ferrari, Aston Martin e Porsche.
Piero Lonardo
L’ordine di arrivo della 8 Ore del Bahrain
Foto: WEC, Porsche, Toyota, Oreca